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2 Giu 2009

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i Lìbre

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Guido Lucchini:

Barafonda
"storie di gente alla buona"
e versi in dialetto romagnolo

...un rettangolo di terra, oggi fortemente urbanizzato, tra il deviatore del Marecchia e il portocanale a Nord di Rimini, con un tratto profondo di spiagge protetto da scogliere di recente collocazione. Fino agli anni 30 raccoglieva una comunità solidale di ortolani e di pescatori. Oggi gli orti non ci sono più.[...]

Pagine tratte da: Guido Lucchini, Barafonda, Pietroneno Capitani editore, Rimini, 1996.
Barafonda

Risalire alle origini che hanno dato il nome alla zona subito a ponente del molo di Rimini (che ebbe in seguito il nome Barafonda) è difficile. Anticamente, questa parte di litorale era devastato dalle frequenti alluvioni provocate dalle piene del fiume Marecchia. Di conseguenza, i terreni in questione, erano paludosi ed inabitabili. Si dice che il nome Barafonda sia legato alla bara del Santo Giuliano ritrovata sulla battigia del mare (forse fra Rivabella e Viserba). Bara, si dice, che non si potè rimuovere nemmeno con l'aiuto di diverse paia di buoi.

Solo con un paio di vitelli giovani fu possibile trascinarla verso l'interno; ad un certo punto i vitelli si fermarono, e da lì la bara non si mosse più. In quel sito sgorgò una fonte d'acqua finissima, la Sacramora (Sacra dimora)...[...]

I sgnùr

I' arveva vers mizdè, s'la su Balilla, dòni sa di vistid longh, tòtt fiurèd e di gran capèll ad paia.
I burdèll biench, palid, calzun sòra al znocì, scherpi ad pèla locida e calzètt zàl. E è su ba che gèva, intent che trèva zò al valisi, "andegna, andegna, ch'andegn al mèr".

I signori

Arrivano verso mezzogiorno, con la Balilla, donne con dei vestiti lunghi, tutti fiori, e dei gran cappelli di paglia. I bambini bianchi, pallidi, calzoni sopra le ginocchia, scarpe di pelle lucida e calze gialle. E il loro babbo che diceva, mentre tirava giù le valigie "andiamo, andiamo, che andiamo al mare".

E'mi bà Tugnin

Quand ch'a séra znin e' mi bà u m purtèva se canòn dla biciclèta, a m'arcord che una volta per guardè drè m'al dòni a sémm andè te fòs. Adès ch'a so bèla véc a port i mi anvudin se canòn dla biciclèta e a guerd drè m'al dòni, alora a peins...Per furtuna che i fòss in gnè piò.

Mio padre Antonio

Quando ero piccolo mio padre mi portava sulla canna della bicicletta, mi ricordo che una volta, per guardare dietro alle donne, siamo andati nel fosso. Adesso che sono ormai vecchio, porto i miei nipotini, sulla canna della bicicletta, e guardo dietro alle donne, allora penso...Per fortuna che i fossi non ci sono più.

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